Alberto Flamigni, 1935
1935-1937
Piazzetta G. Savonarola - Forlì
Negli anni Trenta la città di Forlì fu oggetto di un grande impeto di modernizzazione, voluto dal regime fascista. Anche il sistema dei trasporti venne coinvolto da questo grande piano di rinnovamento: protagonista di questa evoluzione fu la SITA, Società Italiana di Trasporti Automobilistici appartenente al gruppo FIAT.
Su insistenza dello stesso Benito Mussolini, la SITA affidò al geometra Alberto Flamigni la realizzazione di una nuova grande autorimessa; il volere del governo era quello di consolidare la presenza della società a Forlì e di migliorare i collegamenti tra la città, la provincia e le regioni vicine.
Forlì era da poco stata dotata di una nuova stazione per i treni e da pochissimo era stata soppressa la tramvia che collegava Forlì a Meldola e Ravenna, ormai non più concorrenziale; ma le ragioni della modernizzazione del sistema di trasporti forlivesi non erano solamente legate al progresso: Forlì, insieme a Predappio, era oggetto di un ambizioso progetto di comunicazione politica.
Un ruolo centrale in questo piano era giocato dai pellegrinaggi verso la città natale di Mussolini, Predappio; questi viaggi erano incoraggiati e organizzati dal regime stesso per consolidare il consenso: il percorso nel mito delle origini del duce cominciava nella monumentale stazione di Forlì, proseguiva in corriera o torpedone attraversando viale XXVIII Ottobre, il «Quartiere di Fondazione», per arrivare alla città natale di Mussolini. La realizzazione di una nuova grande autorimessa rispondeva quindi all’esigenza di migliorare i trasporti nei luoghi di origine del duce e mettere a disposizione automezzi per i pellegrinaggi.
In un paio di anni il deposito venne costruito ed entrò in funzione: tra il 1935 e il 1940 le linee urbane passarono da due a dodici, mentre quelle extraurbane permisero il collegamento con tutte le località della provincia, fino alle vicine Toscana, Marche e Umbria.
Alberto Flamigni progettò un edificio dalla forma particolare, in modo da adattarlo al lotto asimmetrico sul quale sarebbe stato costruito, e probabilmente si ispirò ad alcuni edifici di Marcello Piacentini. Coerentemente con il progetto di rendere Forlì una città monumentale, l’Amministrazione comunale chiese alla Direzione generale della Fiat di aggiungere un piano all’edificio; la Fiat rifiutò la richiesta, ma autorizzò l’aggiunta di un locale a uso abitativo, poi destinato al custode notturno.
Il rivestimento esterno del deposito è realizzato in cotto a vista con basamento in travertino; ai lati si snoda una lunga finestratura con davanzali e architravi in finto travertino. La palazzina di ingresso ha un aspetto particolare tanto che a qualcuno può ricordare una struttura difensiva con due torrette, mentre ad altri può sembrare una pagoda. Dalla palazzina di ingresso si accedeva al deposito, uno spazio di 1500 mq coperto da un soffitto con travi a shed, per garantire la massima luminosità possibile. Un piazzale di circa 3000 mq fungeva da parcheggio delle corriere e ospitava l’area adibita a lavaggio e i magazzini.
Durante la guerra il deposito venne requisito dai tedeschi, con tutto il suo contenuto. I mezzi di trasporto SITA vennero usati – tra le altre funzioni – per deportare i prigionieri. Nella notte tra il 2 e il 3 agosto 1944 il deposito fu teatro di un’azione di sabotaggio partigiana per impedire le deportazioni di antifascisti ed ebrei nei campi di concentramento in Germania.
Nel dopoguerra il deposito e la SITA ripresero la loro funzione: gli automezzi SITA ricominciarono a trasportare ogni giorno centinaia di persone, e il deposito continuò a essere il luogo dove si faceva tutto, dalla manutenzione ordinaria a quella straordinaria.
Negli anni Settanta il complesso di ampliò e, sul lato ovest del piazzale, venne costruita una palazzina di due piani. Il 1975 fu l’anno di nascita del Consorzio ATR, Azienda Trasporti Romagna, che negli anni seguenti sostituì la SITA, prima nella gestione del trasporto extraurbano e poi di quello urbano. Nel 1998 il deposito progettato da Flamigni venne chiuso definitivamente e tutte le funzioni passarono al nuovo deposito di via Pandolfa, nella periferia di Forlì.
A partire dal 2011 grazie a Spazi Indecisi e Città di Ebla, due associazioni forlivesi che lavorano sulla rigenerazione urbana e sull’arte contemporanea, il deposito diventa la sede di eventi, performance, mostre e installazioni. Vengono organizzate tre edizioni di Ipercorpo, il Festival Internazionale delle Arti dal Vivo, la mostra Totally Lost e due edizioni di Cicli Indecisi, pedalate alla scoperta di luoghi abbandonati di Forlì.
Nel 2016, dopo una breve parentesi di chiusura degli spazi per motivi burocratici, il deposito riapre come EX ATR, un hub culturale dove sperimentare nuovi modelli di rigenerazione urbana. Il progetto, reso possibile grazie a un finanziamento della Regione Emilia Romagna, è portato avanti dal Comune di Forlì, dall’ATR, Azienda Trasporti Romagna, e dalle associazioni Spazi Indecisi e Città di Ebla.
Dal 2017 a oggi, il festival «Ipercorpo» torna a occupare gli spazi del deposito, insieme a IN LOCO. Museo diffuso dell’abbandono.
La palazzina costruita negli anni Settanta viene attrezzata come spazio di co-working, sala conferenze e per piccole residenze creative. EX ATR comincia ad aprirsi alla città e al quartiere, sperimentando progetti che incrociano arte, cultura e welfare: le due associazioni coinvolte in EX ATR portano avanti progetti che coinvolgono gli abitanti e i giovani del quartiere.
Le attività degli ultimi dieci anni stanno lentamente cambiando i connotati dell’ex deposito della SITA. Gli spazi interni, pur mantenendo intatti i segni lasciati dal tempo, sono attrezzati per ospitare eventi e attività. Gli spazi esterni hanno guadagnato colore, infrastrutture leggere e impronte del passaggio di tanti che qui hanno trovato un luogo di sperimentazione.
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