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Industria a Forlì nel Novecento

Archivio fotografico “Edgardo Zoli”


Industria a Forlì nel Novecento

  • I primi sviluppi

Lo sviluppo industriale della provincia di Forlì viene storicamente collocato nei primi decenni del Novecento, ma significativi passi avanti furono effettuati già alla fine del secolo precedente. La debole economia manifatturiera locale d’inizio Ottocento conobbe infatti un tangibile progresso che ci viene descritto dai tabulati pubblicati dal Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio negli anni 1888 e 1900. Proprio la differenza tra i numeri proposti in quelle due pubblicazioni, mette in risalto, a fronte di un piccolo incremento degli occupati, una notevole crescita del numero delle aziende. Quell’evoluzione imprenditoriale sarà la base su cui progredirà l’attività forlivese nel Novecento. Nello stesso breve periodo (1888-1900) l’agricoltura mise in evidenza la grande vocazione della provincia (che comprendeva Cesena e Rimini) raddoppiando il numero degli addetti. Non fu un caso se proprio l’agricoltura indirizzò parte della produzione industriale verso la trasformazione dei prodotti e la realizzazione delle attrezzature per la lavorazione della terra.

  • Il polo industriale della Romagna

L’età giolittiana rappresentò il decollo della rivoluzione industriale italiana. Lo slancio fornito dallo Stato con le commesse pubbliche toccò anche Forlì. Le Officine di Forlì, ad esempio, conobbero una notevole espansione nella produzione metallurgica, la Bartoletti seppe proporsi nella realizzazione di macchinari destinati all’agricoltura e, successivamente, il calzaturificio Trento sviluppò la produzione di scarponi destinati ai militari. Ma, come dicevamo, la stabilizzazione e il definitivo sviluppo dell’attività economico industriale avverrà a partire dalla seconda metà degli anni Venti, quando alcune realtà si confermeranno all’avanguardia come la Becchi, costruttrice di stufe, o la Bonavita, produttrice di borre in feltro. Con l’aiuto del “pubblico” nacque inoltre la cosiddetta fabbrica fascista, la più importante del tempo e nel tempo a Forlì. Era la Mangelli, centro chimico-tessile che seppe sfruttare opportunità e vantaggi, anche clientelari, offerti dal momento. Forlì era diventata il “polo industriale della Romagna”. Alcune aziende riuscirono ad avere successo anche all’estero e anche nel dopoguerra, ma la mancanza di una visione economica adeguata, la labile cultura imprenditoriale, la tendenza della classe politica a concentrarsi verso la propaganda e a lasciarsi intrappolare dalle diatribe personali, negarono alla città la possibilità di accostarsi al futuro delle realtà industriali regionali e nazionali.

  • Una narrazione celebrativa

Il “polo industriale della Romagna” è raccontato con estrema puntualità in un libro celebrativo edito a cura del Comune di Forlì nel 1926. È la Monografia Industriale di Forlì scritta da Ettore Casadei, poi autore di una celeberrima guida, e dal maestro Edoardo Ceccarelli. Si tratta di un libro che lega Forlì all’immagine del duce e alla sua mitizzazione. In quelle pagine tutto è in progressione positiva, tutto è descritto per promuovere il consenso. La popolazione cresce, il movimento di capi di bestiame raggiunge cifre mai conosciute. «Lo sviluppo ferroviario è inadeguato all’importanza della città»?, ecco il progetto della nuova stazione ferroviaria (sovradimensionata). L’Istituto Nazionale delle Assicurazioni, la torrefazione, le fabbriche del ghiaccio, i molini. Le industrie tessili, alimentari, siderurgiche. I trasporti, gli enti assistenziali, i teatri.... Nel '26 alcune aziende importanti stavano appena nascendo, ma in quelle pagine già si preannunciano a livelli altissimi. Un libro che gli studiosi del periodo non possono ignorare assolutamente.

  • Una spinta troppo breve

Forlì assumerà sempre più la fisionomia della “città del duce”. Gli enti pubblici avranno sedi monumentali e molte saranno le attività amministrative legate al governo. Poi l’aeroporto, il collegio aeronautico, gli uffici provinciali della Gil, le palestre, le scuole, gli istituti di assistenza, la Prefettura... Fino agli anni '40. I molti posti di lavoro “pubblico” distrarranno l’interesse per l’imprenditoria di una parte della popolazione fo

 

L'archivio fotografico di Edgardo Zoli

Tra le raccolte storiche fotografiche legate alla città di Forlì un merito particolare va riconosciuto all’archivio Edgardo Zoli che con circa 80.000 item, tra lastre di vetro negative, album, pellicole piane in rullo e filmati, e un totale di centinaia di migliaia di fotografie ripercorre per immagini la storia italiana dagli anni Venti ai primi anni Sessanta.

A farla da padrone in un patrimonio così vasto sono certamente l’architettura, le chiese, la vita politica, le manifestazioni pubbliche durante il regime fascista, la propaganda e le fabbriche della prima metà del Novecento, istantanee che con il tempo si sono arricchite di scatti raffiguranti eventi cittadini di vario genere: demolizioni, costruzioni, incidenti, scene di vita quotidiana, matrimoni, funerali, mostre, negozi e fiere. In realtà la ricchezza dell’archivio Zoli non si esaurisce nella memoria di eventi corali ma raggiunge una inattesa intimità nei ritratti dei forlivesi che completano la storia della città, una diretta testimonianza dei tempi passati e dell’indubbia maestria di Edgardo Zoli.

L’intero archivio è oggi di proprietà del Comune di Forlì, che per assicurarne la memoria lo ha acquisito da Giancarlo Zoli erede e successore di Edgardo.

 

Il fotografo

Edgardo Zoli nacque il 1° gennaio del 1900, appresa l’arte fotografica nel 1921 aprì il suo studio in viale Bovio (oggi viale Vittorio Veneto), sede che abbandonò solo negli anni Sessanta per trasferirsi in largo De Calboli, dove terminò la sua attività di fotografo e passò il testimone al nipote Giancarlo.