Edilizia

Case CLAM

Progetto di

Ufficio Tecnico Imprese Lamaro, 1941

hh

Anno di costruzione

1941-1943

Indirizzo

Viale Matteotti, 6-18 - Forlì

In breve

Il complesso delle Case CLAM a Forlì fu costruito dalla società Case Lamaro ad Affitto Mite, CLAM appunto, dell’ingegnere Antonio Lamaro.

Antonio Lamaro, cavaliere e ingegnere, era un costruttore romano, che nel 1920 usando il piccolo capitale accantonato grazie allo stipendio da ufficiale durante la Prima guerra mondiale, fondò le Imprese Lamaro. Lamaro fu uno dei principali fautori del programma Case per tutti, per «rendere possibile anche ai classificati economicamente modesti l’accesso all’alloggio, da proprietari e non da locatari», come spiegherà lo stesso Lamaro nel dopoguerra.

Le case CLAM a Forlì, insieme agli altri alloggi previsti dal progetto, sono una sperimentazione, una sorta di versione beta dello studio di Lamaro.

Nascita

Il punto di forza delle Imprese Lamaro fu il programma Case per tutti; questo programma o, come si era espresso Mussolini nel 1937 «dare gradualmente a tutto il popolo italiano una casa sana e decorosa», era un’efficace espressione dell’ideologia utopica fascista di creare una grande classe media organizzata in modo totalitario, «educando» paternalisticamente le masse anche attraverso il miglioramento delle condizioni di vita. Il primo esperimento realmente riuscito di questo programma risale al 1925, quando a Roma vennero costruite 26 palazzine e gli appartamenti vennero messi in vendita a prezzi molto bassi e con facilitazioni per il pagamento.

Nel 1940 Lamaro diede una svolta al programma Case per tutti costituendo la società CLAM, Case Lamaro ad Affitto Mite. Il progetto, approvato da Mussolini, prevedeva la costruzione di 758 alloggi distribuiti tra Apuania Massa, Forlì, Napoli, Avenza, Milano e il Lido di Roma.

Nel 1941 Antonio Lamaro pubblicò un’analisi approfondita del progetto e delle sue premesse. L’obiettivo del volume era «tracciare direttive innovatrici lungimiranti, forse troppo rivoluzionarie pei tradizionalisti oggi, ma di possibile pratico sviluppo». Nel libro Lamaro analizza la questione «case per tutti» da un punto di vista sociale: era necessario dotare i «lavoratori delle braccia» di alloggi che fornissero «quel minimo di nozioni e buon gusto capaci di attutire ogni aspro contrasto nella presentazione, nel parlare, nel vestire, ed in tante altre manifestazioni estetiche della vita».

Dal punto di vista tecnico, Lamaro analizzò progetti tradizionali di appartamenti economici, proponendo soluzioni alternative meno costose e che garantivano «vantaggi di abitabilità», evitando «l’inconveniente della confusione e della promiscuità». Lamaro rinunciò al salotto a favore di una camera di soggiorno, sottolineò l’importanza dell’ingresso e del bagno, lontano però dalla porta di accesso. Promosse l’idea di una camera da letto per ciascun membro della famiglia come meta ideale. E abolì i balconi, che considerava dei ripostigli a cielo aperto poco pratici. L’affitto mite proposto da Lamaro corrispondeva a non più del 20% del salario medio dei destinatari degli appartamenti, che l’ingegnere individuava nelle famose 1000 Lire al mese.

Nello stesso 1941, come da programma, iniziò la costruzione delle case CLAM a Forlì; le future abitazioni sarebbero state destinate a ospitare gli operai e le operaie del vicino setificio Orsi-Mangelli, e infatti a Forlì saranno ricordate per anni come «le case del Mangelli».

Luogo

Nei disegni di progetto era prevista la costruzione di nove blocchi in linea: cinque blocchi da cinque piani al centro, che digradavano a quattro e poi a tre piani, ai lati, interrotti da due elementi turriti.

Buona parte dei blocchi vennero completati nel 1943. Si trattava di case popolari ed economiche, ma, coerentemente con l’ideologia di Lamaro, rifinite con scelte compositive semplici ma caratterizzanti e con materiali non pregiati ma esteticamente piacevoli.

A rompere la monotonia dei quasi 120 metri di facciata contribuisce l’alternanza tra intonaco e mattoni faccia a vista, arricchiti da inserti in pietra e finto travertino. Due elementi turriti dotati di grandi aperture ad arco permettevano il passaggio verso il retro dell’edificio.

Con il sopraggiungere del conflitto il cantiere si interruppe e venne ripreso nel dopoguerra. Subito dopo la guerra gli edifici appena conclusi vennero usati per ricoverare gli sfollati e le persone rimaste senza casa durante la guerra. Nel 1957, i cinque blocchi centrali vengono affidati alla gestione dello IACP, l’Istituto Autonomo Case Popolari.

Negli anni successivi la costruzione venne completata seguendo – o quasi – le planimetrie originali, ma senza soluzione di continuità. Gli ultimi due blocchi dopo il secondo elemento turrito, aggiunti in seguito, hanno un aspetto molto diverso dagli originali. Uno dei due elementi turriti è stato chiuso negli ultimi anni, per ricavare altri appartamenti, e al piano terra vi si è insediato un esercizio commerciale.

Oggi

Quasi nessuno conosce più il nome originale dell’edificio, Case CLAM. Gli appartamenti sono quasi tutti di proprietà privata. Alcuni, ormai pochi, sono rimasti in gestione allo IACP che nel frattempo è diventato ACER, Azienda Casa Emilia Romagna.

Per approfondire