Paolo Angella, 1930
1930-1933
Viale della Libertà, 20-37 - Forlì
Nei primi anni Venti, l’area dove si trova ora viale della Libertà era una zona industriale posta tra città e campagna. Qui che tra il 1925 e il 1927 venne costruita la nuova stazione ferroviaria: il primo passo per creare un nuovo baricentro urbano. Il piano era rendere Forlì una città esemplare di provincia, una «piccola Roma» che facesse da modello agli altri capoluoghi.
Uno dei primi «nuovi ed eleganti edifici» a essere costruiti nella zona furono proprio le Case INCIS, nei primi anni Trenta. Il progetto fu realizzato dall’ingegnere Paolo Angella, direttore dell’INCIS, l’Istituto Nazionale per le Case degli Impiegati Statali: un ente pubblico nato nel 1924 per costruire edifici da affittare ai dipendenti civili e militari dello Stato. Il risultato furono due palazzine eclettiche piuttosto eleganti, con 24 alloggi ciascuna, dotati di servizi modernissimi per l’epoca.
L’area destinata a ospitare le nuove costruzioni era ancora una zona prettamente a carattere rurale-industriale, qui sorgevano i cantieri Ettore Benini, la Orsi-Mangelli – dal viale si riesce ancora oggi a vedere l’alta ciminiera – e la Fornace Ragazzini, ma già da alcuni anni era in corso una profonda trasformazione edilizia. Ecco come, nel 1928, Ettore Casadei descrive il nuovo viale in costruzione nella sua Guida alla Città di Forlì e dintorni: «Misura circa m. 650 di lunghezza e m. 40 di larghezza ed ha quattro marciapiedi o viali per pedoni […]. Lungo i lati del viale e nei pressi della Stazione dovranno sorgere nuovi ed eleganti edifici che daranno un’impronta di modernità al nostro paese».
Il compito di realizzare delle abitazioni all’altezza del nuovo contesto urbano che si voleva realizzare fu affidato all’INCIS; l’istituto giocherà un ruolo interessante nell’edilizia pubblica italiana, soprattutto in epoca fascista, costruendo edifici e a volte interi quartieri in Italia e nelle ex colonie italiane. Ad Addis Abeba, in Etiopia, esiste ancora il quartiere Kazanchis, il cui nome aramaico ricorda molto l’italiano Case INCIS.
Le Case INCIS sono due edifici gemelli dallo stile eclettico che si guardano da una parte all’altra del viale della Libertà, attraverso i lecci che le nascondono parzialmente.
L’ingegnere Angella aveva avuto il mandato di costruire edifici popolari ed economici, che potessero massimizzare l’uso dello spazio e minimizzare la spesa. Nel giro di pochi anni le case furono progettate, costruite e cominciarono a essere popolate. Gli inquilini furono per lo più impiegati statali, insegnanti, professori, militari e professionisti del Genio Civile, insieme alle loro famiglie.
I complessivi 48 alloggi vennero progettati per essere salubri e luminosi, ma anche eleganti ed estremamente moderni: furono dotati di termosifoni per il riscaldamento, l’acqua corrente, il bagno interno, una sala da pranzo e un salotto; completavano l’offerta dei servizi all’avanguardia la luce, il gas e il telefono. Le case furono dotate anche di servizi in comune come le lavanderie e le cantine di cui si prendeva cura il custode, che aveva il compito di tenere puliti gli spazi condivisi e il cortile, consegnare la posta e smistare le telefonate. Il pianterreno era destinato a ospitare negozi e attività per il vicinato: l’idea era quella di creare un quartiere vivo, misto, dove le persone vivessero, dormissero e lavorassero.
Durante la guerra anche le Case INCIS si svuotarono dei loro inquilini civili. Le palazzine, come altri edifici del viale, vennero danneggiate pesantemente durante i bombardamenti alleati: il civico 20 perse la sua torretta che venne poi ricostruita negli anni Cinquanta. In questi anni, al posto dei civili nelle Case INCIS trovarono alloggio i militari alleati. Dopo la Liberazione, tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta, la città e i suoi cittadini cominciarono a costruire una nuova normalità. Dalle Case INCIS vennero rimossi i simboli del regime fascista, i danni dei bombardamenti vennero sistemati e gli appartamenti si ripopolarono sia degli originari abitanti che erano stati sfollati, sia di nuovi nuclei famigliari. Bambini e ragazzi ricominciarono a popolare i giardini e il viale.
Negli anni Settanta alle famiglie residenti nelle Case INCIS venne offerta l’opportunità di riscattare l’affitto pagato e di diventare così proprietari delle abitazioni.

Attualmente i 48 appartamenti delle due palazzine continuano a essere la casa di persone che le abitano da generazioni, ma anche di persone che vi si sono trasferite da poco.
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